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Lo storico Napolillo riscopre l’Ultima Cena di Bissanti a Saracena

A Saracena, piccolo borgo sul versante meridionale del Pollino, è stata riscoperta una straordinaria copia dell’Ultima Cena leonardiana. Riscoperta trattata dallo storico Prof. Vincenzo Napolillo che ha già compiuti importanti studi sulla Calabria medievale, e che avviene proprio in occasione del 5° centenario del genio di Leonardo da Vinci. L’affresco è opera di Giacomo Bissanti (1822 – 1879), già operante a Saracena alla chiesa cinquecentesca di Santa Maria del Gamio (cioè dell’Amore divino) dove si ritrovano delle tele di San Leonardo, della Madonna del Carmine e di San Gaetano di cui scrive Armando Valentino Vacca «Nella chiesa parrocchiale […] si lascia ammirare una tela di Giacomo Bissanti, recante la seguente didascalia “San Gaetano con giglio”, […]». Morto a 57 anni, lavorò a Saracena su incarico dell’allora parroco Leonardo Mastromarchi che presumibilmente gli fornì una stampa dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci di cui egli orgogliosamente portava il nome. Così, su incarico dei Cappuccini riprodusse l’Ultima Cena con paziente e amoroso lavoro nel refettorio del convento di Saracena e vi appose solo la data 1859, senza nome o firma alcuna. Giacomo Bissanti, nel ricalcare la monumentale composizione vinciana che si trova a Milano, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, «non si smarrì sotto il peso del genio multiforme di Leonardo […]» scrive Napolillo nel suo articolo su ‘Parola di Vita’ (anno 12 , n°2 (396), 24 Gennaio 2019) «I volti, il linguaggio dei gesti, la fervorosa concitazione, lo sconcerto, la discussione dei dodici apostoli, divisi in quattro gruppi di tre persone ciascuno, intorno al Maestro, figura centrale soffusa di serenità e di consapevolezza della missione che sta per compiersi, con i lunghi capelli e le mani poggiate sul lino della mensa, la compenetrazione di spazio reale e spazio figurato, concretano la copia quasi identica (e perciò non firmata da Giacomo Bissanti ma soltanto datata) all’originale leonardesco, che è di eccezionale valore». Saracena, che è già custode di opere e chiese tardo medioevali di assoluta bellezza, nel convento che ospitò anche Sant’Angelo d’Acri a suo tempo, conserva così «una raffigurazione mai stanca e inespressiva, calibrata dal risultato artistico non irrilevante, nonostante il deterioramento dell’opera prodotto da umidità e abbandono». Vincenzo Napolillo, già autore di un saggio sulla nobiltà cosentina, ‘Famiglie nobili di Cosenza’, di una trattazione su Vincenzo Padula e del saggio ‘I valdesi e l’inquisizione’ dove racconta dei valdesi di Calabria e prossimamente di un nuovo libro, tutto edito dalla Santelli editore, auspica così un potenziale turistico di non poco conto, ricordando come a Tongerlo in Belgio una copia di Autore sconosciuto dell’Ultima Cena risalente al 1506-7, abbia ottenuto un apposito piccolo museo nell’abbazia, visitato da parecchie migliaia di turisti ogni anno. E tutto ciò, proprio quando ricorrono i 500 anni dalla morte del grande Da Vinci.