Lidia Menapace

Sebbene avesse 96 anni, Lidia Menapace manteneva una lucidità e una memoria invidiabili; una costante voglia di essere aggiornata sulle vie di miglioramento della dignità umana, dovunque ciò potesse accadere; uno spirito battagliero privo di astio, forte e accogliente nel contempo, nonviolento. Il Covid se l’è portata via improvvisamente e velocemente: lei minuta minuta nel corpo, ma incredibilmente grande nell’animo. Resistente e partigiana, femminista, cattolica e marxista, sessantottina e parlamentare, attivista, saggista, ricercatrice universitaria, persona di grande spirito e sagacia, ha attraversato i momenti più significativi della storia del Novecento italiano. Nell’intervista inedita, rilasciata per questa Collana a Romolo Perrotta a Bolzano, nell’autunno del 2015 – e i cui proventi sono destinati per suo desiderio a favore dell’iniziativa sociale e culturale del Circolo “La Comune” di Bolzano – Lidia Menapace racconta se stessa: la propria infanzia e fanciullezza, segnata dal clima di terrore istaurato dal fascismo; la conoscenza di un giovanissimo partigiano cattolico di nome Oscar Luigi Scalfaro; la segregazione razziale delle compagne di classe; le lotte con gli studenti e gli operai; i viaggi per l’Italia, da politica e saggista; ma anche la propria visione del mondo, la propria quotidianità, le aspettative del futuro e nondimeno l’amore, un amore infinitamente grande per un uomo perduto presto di cui lei, nata Brisca, nonostante il suo femminismo, ha sempre desiderato di continuare a portare il nome, Menapace, per l’appunto, auspicio di cose buone, di pace…

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